venerdì 22 aprile 2011

NUTRIA E CINGHIALE: LE STESSE SCUSE PER UN FALSO PROBLEMA

Riporto qui un articolo tratto da un giornale che si occupa di tematiche ambientali. Quanto scritto può, anche in questo caso, essere riferito alle nutrie e agli altri animali. Tutto ciò viene utilizzato dai giornali e dai media controllati solo per fare audience e per soddisfare i meri interessi economici e politici delle lobbies venatorie.
In realtà nessuno ha mai censito le popolazioni di nutrie, così come quelle dei piccioni o di altri animali. I dati vengono solo riportati sulla base degli abbattimenti eseguiti. Gli stessi abbattimento però sono la causa principale dell’aumento del numero di questi animali. La caccia e il “contenimento” mediante arma da fuoco oltre a causare gravi danni ambientali risultano essere metodi irresponsabili, inefficaci, inutili come dimostrano diversi studi scientifici. Si tratta come al solito di un falso pretesto per poter uccidere delle vite innocenti in barba alle leggi e agli equilibri della Natura. L’ecologia insegna infatti che la Natura stessa si autoregola e solo l’uomo ha creato delle alterazioni ai vari ecosistemi. L’unico modo per risolvere la questione dell’interazione fauna selvatica e attività antropiche è quella di NON interferire in alcun modo con la biocenosi ma lasciar fare alla Natura il suo corso come è sempre accaduto da qualche miliardo di anni a questa parte. Ciò significa studiare e applicare metodi di gestione faunistica del tutto ecologici e biocompatibili che tra l’altro dove praticati sono risultati essere efficaci e risolutivi oltre che economici. Questa è scienza, è biologia, ecologia, scienza della Vita e non mera speculazione.


Un nemico pubblico chiamato cinghiale

Un flagello minaccia l’Italia. Orde devastatrici della bestia nera si nascondono nel folto della macchia, pronte a scatenare la loro furia distruttrice al calar della notte, travolgendo tutto quello che incontrano sul loro cammino, e niente sembra poter fermare i discendenti di quella sottospecie di Sus scrofa giunta sin qui dalle lontane plaghe centroeuropee e non a caso denominata “Attila”. Ma non tutto è perduto: ogni anno un vero e proprio esercito della salvezza corre letteralmente alle armi pur di salvare i raccolti e, con essi, il popolo, dalla carestia e dalla fame. Il porco selvatico continua nel frattempo ad accoppiarsi senza ritegno, moltiplicandosi vertiginosamente. Non bastano 3 mesi all’anno di contrasto da parte dell’esercito regolare a furia di braccate, palle e pallettoni, comprese le operazioni di “disturbo notturno” condotte da squadre di irregolari, o i metodi da guerriglia fatti con lacci di acciaio per strangolare il temuto nemico. Nossignori, ci vuole ben altro che sparare alle femmine gravide: bisogna stanarlo, come i Talebani, dalle zone in cui trova rifugio, sterminarlo perchè non minacci più la sicurezza e l’economia di intere regioni. E pensare che gli stessi avversari di oggi erano entusiasti sostenitori di ieri, quando l’ambito suide veniva reclamato a gran voce e i solerti amministratori “ripopolavano” generosamente boschi e valli di verri e scrofe per il trastullo venatorio di elettori riconoscenti. Le cronache avvertono oggi che i cinghiali sono in soprannumero, il che minaccia le risorse agricole e persino la viabilità delle supersicure strade nazionali, e che bisogna organizzare dei corsi accelerati per contarli e poi dargli la caccia che si meritano. Qualcuno potrebbe obiettare che detti corsi sono inutili e dispendiosi, considerato che, se si sostiene che le presenze del selvatico sono eccessive (rispetto a che?), vuol dire che qualcuno li ha già contati. Viceversa, se ciò non è avvenuto, come si fa a dire che sono in soprannumero? A meno che, come pensano i malfidati, con la scusa del cinghiale non si voglia entrare dalla finestra dopo che la porta è stata chiusa; un modo volpigno e già sperimentato, per far tuonar le ferree canne anche laddove (parchi e riserve) la legge lo vieterebbe.

P. P.