martedì 26 febbraio 2008

Il topastro da pelliccia: La vera storia della nutria

A breve in questo blog saranno pubblicati vari articoli riguardanti lo studio che in modo del tutto autonomo e indipendente sto affrontanto nei riguardi nella Nutria. Oggi desidero riportare un articolo ben fatto riguardante proprio il castorino (Myocastor coypus), che potete leggere al seguente link: http://buddyjohannabelushi.wordpress.com/2008/01/26/il-topastro-da-pelliccia-la-vera-storia-della-nutria/ facente parte del blog http://buddyjohannabelushi.wordpress.com/ di Buddy Johanna Belushi che ringrazio con piacere.


la foto è stata scattata dal sottoscritto e fa parte della raccolta di novembre raggiungibile qui: http://www.tursiops-biology.com/novembre_2007.htmTutti sanno cos’è una volpe, un coniglio o un cinghiale. Ma non tutti hanno le idee chiare sulla reale identità della nutria. Dai più viene considerata un grosso ratto di fogna, un mostro portatore di gravi malattie che mai si vorrebbe incontrare. E c’è addirittura chi sostiene che sia un pericolosissimo predatore di gatti. Purtroppo, le convinzioni popolari (e molto poco scientifiche) che riguardano questo grazioso roditore esotico non solo sono imprecise, ma si sono dimostrate letali per la sua permanenza qui in Italia (paese notoriamente accogliente verso le creature “senza pedigree”). Sono sorpendentemente svariati i metodi utilizzati per eliminarla: dalle trappole di cloroformio alle bastonate in testa (della serie “tanto più rozzi siamo, quanto più la natura ci è schiava”), ma penosamente rari i tentativi di seria ricerca scientifica per approfondire le problematiche d’inserimento di questi “turisti per caso” quali sono. Lo Stato non si pronuncia (i problemi ambientali che non sono oggetti di commercio non vengono trattati) e i Comuni e le Provincie hanno adottato una vera e propria politica “fai da te” spesso crudele e spesso inutile. Ma cominciamo dal principio.
Il nome scientifico della Nutria è Myocastor coypus. Nutria o Castorino sono i nomi che derivano dal gergo commerciale utilizzato in pellicceria, ambito per il quale, in America, viene quasi venerata. Insomma, spiacente di deludere i nonnetti che raccontano ai nipotini la favoletta della nutria che ti mangia se fai il cattivo, ma quest’animale non assomiglia affatto ad un ratto (come si può constatare dalle foto inserite nel sito)! Infatti, la Nutria appartiene alla Famiglia Myocastoridae e come suo membro, è sostanzialmente un piccolo castoro dal quale differisce per le dimensioni più modeste, per le abitudini comportamentali e per un’unica sfortunatissima coincidenza con il Mus musculus (il comune topo che invece appartiene alla Famiglia muridae): cioè la coda cilindrica e squamosa anzichè quella piatta e scagliosa del Castor. Qualche dettaglio ancora: la colorazione del mantello è varia, dal bruno dorato al bruno scuro, fino ad esemplari albinotici con il mantello Isabella o color crema; ha lunghi incisivi color arancio e simpaticissimi baffoni argentati (e il suo musetto mi ricorda molto quello dell’ormai bicentenario Giulio Andreotti!); le zampe sono palmate e nelle femmine le mammelle sono poste nella zona latero-dorsale (elementi tipici di creature semi-acquatiche); le dimensioni dei maschi non superano i 60 cm e un peso di 8-9 kg. E ora che s’è detto cos’è, è importante capire da dove proviene e perchè si trova qui.
La Nutria è originaria delle zone subtropicali dell’Argentina e del Brasile Meridionale. Ancor’oggi, in America (soprattutto in Louisiana) viene allevato per la sua pelliccia (altra analogia con il Castoro, anche se quest’ultimo è spesso protetto mentre la Nutria no), problema che non rende facile la sua esistenza nemmeno nel suo Paese originario. Fu introdotta in Italia già dai primi anni del Novecento e il primo allevamento commerciale venne costruito in provincia di Alessandria nel 1921. Il primo di una serie di piccole e medie aziende distribuite in quasi tutte le Regioni che, infervorate dal successo che la pelliccia di Nutria aveva riscosso nel mondo (eh sì, era addirittura una diva!), improvvisarono una difficile iniziativa zootecnica che prestissimo risultò fallimentare. Prima di tutto perchè la “tendenza” per cappelli e cappotti di quest’animale, spacciato spesso per Castoro, svanì abbastanza celermente (diciamo che arrivarono altre specie più fragili e precarie da spellare e quindi più interessanti e redditizie nel campo della moda) e poi perchè allevare animali di cui non si conosce quasi nulla, non è un’impresa facile. Ad ogni modo accadde che verso gli anni ‘80 la richiesta delle loro pelli diminuì a tal punto da costringere la chiusura di queste fabbriche killer e al fine di evitare il costoso smaltimento delle carcasse soppresse tramite eutanasie, vennero rilasciate in massa nell’ambiente naturale. Insomma, private della libertà, sradicate dal loro habitat naturale, brutalmente squoiate per capriccio, immesse in un ambiente a loro estraneo e ora ingiustamente sterminate. Una vergogna. La loro soppravivenza qui in Italia non si è rivelata affatto facile (per rispondere a chi sostiene che come i topi, le nutrie sono indistruttibili) e ci sono voluti settant’anni per giungere all’attuale colonizzazione! Sono presenti solitamente nella aree antropizzate, vicino a fiumi o zone paludose dove hanno dovuto subire importanti modificazioni dei loro ritmi biologici e dove sono troppo spesso accusate ingiustamente di innumerevoli danni all’ecosistema. Il mio intento è quello di sfatare i miti e le credenze popolari su quest’adorabilissimo animale (del quale ho avuto una piacevolissima esperienza) affrontando una ad una le critiche che ne causano, oggi, lo sterminio.
Premetto subito che della vita della Nutria in Italia si sa poco a causa della scarsissima ricerca in merito ( e a causa dello slogan tipicamente umano “prima ammazziamo e poi ci chiediamo il perchè”) ma i risultati certi di cui disponiamo attualmente (effettuati da veri biologi attraverso un serio metodo sperimentale), non hanno rivelato nulla di preoccupante, nemmeno per quanto riguarda l’interazione con altre specie autoctone. Ad esempio, sussisteva il timore di una relazione negativa tra Nutria e Lontra, cosa assolutamente improbabile in quanto la Nutria è VEGETARIANA (e si nutre di piante acquatiche e alghe!) mentre la Lontra è CARNIVORA: caratteristiche che escludono una qualsiasi competizione tra le due specie. Inoltre, essendo la Nutria una creatura crepuscolare, ha una vista poco sviluppata, particolare che la rende timorosa e diffidente (e non la possiamo biasimare visto il trattamento che le abbiamo riservato) suscitando l’errata credenza che si tratti di una bestiola aggressiva. Grave errore! Infatti la nutria è una creatura molto docile, tanto che negli U.S.A. è diventata un normalissimo animale da compagnia (esattamente come usiamo tenere in casa furetti, cincillà e conigli nani). Ancora: spesso si sostiene che la Nutria abbia ritmi produttivi simili a quelli del Topo, e pertanto sussista il rischio di una sovrappopolazione della specie (e per evitare questo, vengono dispersi nell’ambiente pesticidi e bocconcini velenosi pericolosi non solo per la Nutria ma per qualsiasi altro animale: quando l’uomo si crede “cieco dispensator dei casi” combina più danni di chiunque altro). Ed è un’altra convinzione imprecisa e superficiale basata sul nulla. Infatti, ogni femmina di nutria può partorire solo due volte all’anno dai 2 ai 4 piccoli dopo una gestazione di 130 giorni; e nel caso di un aumento eccessivo della popolazione, il tasso riproduttivo si abbassa, cosicchè il numero dei figli per parto diminuisca drasticamente. Inoltre, essendo un animale esotico, ha un grave problema nell’affrontare l’inverno del nostro Paese, periodo nel quale la mortalità giovanile è praticamente totale e anche molti maschi adulti muoiono per necrosi da congelamento dell’estremità corporee (credete ancora che gli serva un aiutino per morire di più?).
Ma ora giungo alla nota dolente, il motivo che ha spinto molte Province e Comuni ad “autorizzarne” lo sterminio e a fomentare nella popolazione l’antipatia verso la Nutria: quest’ultima infatti, viene additata come causa di alcuni danni ai sistemi idraulici e alle coltivazioni. E, come se non bastasse, viene considerata serbatoio di malattie infettive gravi come la leptospirosi o di altre forme microbiche d’importanza zootecnica.
Per capire come stanno realmente le cose, bisogna premettere che il rimborso concesso agli agricoltori per danni climatici o infestazioni è alto. Si dovrebbe prima di tutto riconoscere a livello assicurativo anche i danni causati da certe specie animali, come già avviene all’estero (ma in Italia la soluzione più facile e pratica è sempre quella di eliminare). Tuttavia, non ci sono stime corrette e realistiche dei danni effettivamente provocati dalla presenza di Nutrie. Le rivendicazioni degli agricoltori, nella maggior parte dei casi, non trovano riscontri sul campo e sussiste la pessima abitudine di denunciare danneggiamenti dovuti ad altri motivi, come causati dalla famelicità presunta di questi roditori (e spesso pretendendo il rimborso). Certo, qualche agricoltore avrà realmente avvistato la Nutria nei pressi delle sue coltivazioni, ma questo accade perchè si trova costretta ad allontanarsi dalle sponde per sfuggire all’insidie di Volpi, Gatti selvatici, Faine, Cani vaganti, Poiane, Gufi reali e Aironi cenerini (ma anche da pesci predatori come il Luccio e il Siluro) da cui sovente viene uccisa. La sua alimentazione consiste nella pastura di alghe, ninfee, castagne d’acqua, germogli di cannuccia d’acqua o steli floreali. In certi casi viene privata della possibilità di cibarsi a causa delle operazioni di scavo degli alvei del fiume (peraltro, tramite mezzi meccanici a fortissimo impatto ambientale) che la costringono a spostarsi e nutrirsi di radici, tuberi o rizomi (a volte di Mais) ma si tratta solamente di un’evenienza RARA.
Bisogna ricordare anche che il disturbo che il Myocastor arreca alla nidificazione di uccelli in cova è infinitamente minore rispetto a quello causato dalla presenza dell’essere umano, con i suoi mezzi meccanici, la caccia, la pesca e l’inquinamento che egli stesso crea! Nei Paese d’Oltralpe la Nutria è ritenuta fauna tipica e non è assolutamente temuta (proprio per la sua diffusione limitata a causa dei freddi inverni) : gode di una pacifica convivenza sia con l’uomo che con le altre specie e, guarda caso, nessuno l’accusa di creare disturbo alcuno. Del resto, non solo la rigidità dell’inverno, ma anche un lungo periodo siccitoso ne causa una rilevantissima selezione numerica! Non sono nemmeno pericolose per l’uomo! Infatti, gli studi effetuati fin’ora hanno rilevato un dato inequivocabile: la presenza di diverse forme di Leptospire è bassissima e paragonabile a quella di altri comuni animali selvatici, ma sicuramente inferiore rispetto al topo! E di certo fungono meno da serbatoio di vettori microbici rispetto ad animali come cinghiali e conigli.
Insomma, che altro dire? Anche quando cedono gli argini dei fiumi si accusa la Nutria. E invece di considerare la situazione pedologica e geologica del territorio in questione (che è la reale causa di frane e cedimenti), cronisti e giornalisti straparlano di presunti effetti d’inesistenti tunnel costruiti da questi roditori. Vediamoci chiaro: le Nutrie non scavano tane profonde come il Tasso o la Lepre, ma al massimo piccole buche dove le femmine possano partorire e custodire la prole.
Sorge spontanea una domanda: la nutria è un problema reale o un pretesto per rispondere alla necessità di molti agguerriti cacciatori in costante ricerca di prede che non costino la galera e non si debbano comprare?
Consiglio una riflessione. Ed è proprio l’uomo la principale causa di morte di questi tenerissimi castorini. Sia per metodi indiretti (pesticidi, inquinamento dell acque), che per metodi diretti: in Lombardia n’è stata decretata l’eradicazione dal ‘93, ordinanza riconosciuta ILLEGALE dall’INFS che, però, non ha impedito la prolificazione di questi orrenderrimi provvedimenti in tutt’Italia. Il documento dell’INFS ricorda che i sindaci non possono intervenire con tali rimedi se non viene comprovato l’urgente pericolo socio-sanitario, “cosa ancora tutta da comprovare per la Nutria”, come recita il testo (Prot3502/T-A24, punto 6.2.4, 11.07.2000).
A confermare la scelleratezza di queste istanze di abbattimento, ci sono tutte le ricerce scientifiche a proposito (di cui segnalate in bibliografia) che aborriscono con chiarezza lo scempio adottato da molti comuni italiani. Ma allora perchè questa carneficina continua ad avere luogo? Domanda ovvia, dopo aver letto questo testo (mi auguro). Per rispondere in modo esplicativo, riporto un commento di Corrado Teofili del WWF Italia - sezione Conservazione Ecoregione Mediterraneo Centrale- che esordisce con affermazioni incresciose per la posizione che rappresenta (il WWF è nato per tutelare tutte le specie, non per selezionarle!): “Sono degli animali esotici che andrebbero eliminati fisicamente. Alcuni scelgono di adottare tecniche indolore e si servono per questo del cloroformio. Spiace anche a noi l’idea di uccidere animali che, comunque, come individui sono incolpevoli, ma la loro tutela implicherebbe la scelta di non tutelare tutte le altre specie animali e vegetali che subiscono il loro impatto”. “Conta più una Nutria”- si domanda Teofili (che non ha null’altro di meglio da chiedersi) “oppure una Folaga?Per chi si occupa di conservazione, anche se la cosa non è equivalente al pensiero di tutto il wwf, la risposta è semplice: vale di più la ‘cosa’ che ha, da un punto di vista naturalistico, più diritto di persistere in un certo ambiente. E quindi, viva il canneto ed abbasso le nutrie, o se vuoi, viva la natura e abbasso l’animalismo”
Leggere quest’intervista mi ha nauseato. Ma può un membro di una celeberrima associazione animalista qual’è la WWF esprimersi in questo modo abominevole? Non lo so Mi limito a criticare la parte che riguarda questo mio articolo. Preciso che la Folaga NON e considerata una specie a rischio (la sua diffusione è ben più notevole della Nutria), è un uccello che nidifica anch’esso vicino a fiumi o paludi e le sue uova non sono assolutamente distrutte dalle Nutrie (le quali, delle uova altrui, se ne infischiano altamente, giacchè hanno questioni più gravi da risolvere). Inoltre, con la Nutria condivide solo l’habitat! Per il resto, si nutre di molluschi, piccoli pesci e crostacei (niente in comune con il Myocastor, dunque) e le sue uova sono sicuramente più protette dei piccoli di Nutria, grazie algli ingegnosi e robusti nidi galleggianti nel folto della vegetazione costruite da questi splendidi uccelli tuffatori.
Signor Teofili, personalmente non la conosco, ma credo che Lei debba attentamente rivedere le sue posizioni circa quest’incolpevole e bistrattato animale, il quale non merita assolutamente le sue agghiaccianti considerazioni. Consiglio ai lettori di informarsi bene prima di aderire al queste campagne di massacro e mi auguro vivamente che molti di voi possano unirsi a me in difesa del Myocastor. Penso che sia doveroso.
Buddy J. Belushi

Bibliografia:
Letteratura
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Balestrieri A., Remonti L. & Prigioni C., 2002 - Stato delle conoscenze sulla nutria (Myocastor coypus) in Lombardia e problematiche di gestione. Atti Conv. Naz. La gestione delle specie alloctone in Italia: il caso della nutria e del gambero rosso della Louisiana - Firenze, 24-25 settembre 2002.
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La letteratura continua all'indirizzo: http://buddyjohannabelushi.wordpress.com/2008/01/26/il-topastro-da-pelliccia-la-vera-storia-della-nutria/

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