venerdì 12 novembre 2010

ALLUVIONI: LA FAUNA (E LE NUTRIE) NON E’ RESPONSABILE DELL’INCURIA DELL’UOMO

Come purtroppo spesso accade ogni anno, con l'arrivo della stagione autunnale che porta con sè molte piogge, si ripresenta quasi puntuale il fenomeno delle alluvioni con coinvolgimento anche di vite umane. E come purtroppo accade in questi casi il copione è sovente il medesimo: la colpa è degli animali! Naturalmente biologi, faunisti, naturalisti, tecnici, etc. sanno perfettamente che ciò non corrisponde al vero. La responsabilità è da imputarsi solo ed esclusivamente sempre all'uomo. Alle amministrazioni fa comodo sbarazzarsi delle responsabilità dovute ad una cattiva gestione e condotta del territorio in questione, così per non dover pagare multe o fare una "brutta figura" verso i proprio concittadini ecco che tirano in ballo la farsa degli animali che causano alluvioni! Fortunatamente esistono studi e dati scientifici che smentiscono ciò e dimostrano invece la veridicità di biologi e altre persone competenti in materia e che soprattutto non hanno legami economici particolari. Va nostro malgrado ricordato che dietro ogni disastro preannunciato (come le alluvioni) vi ruotano molti interessi economici. Per rincarare la dose, dare la colpa (inesistente e infondata) agli animali serve a certe categorie di individui per portare avanti altri interessi lucrosi che sono poi la vera causa del degrado ambientale in cui ci troviamo da alcuni anni a questa parte.
Dato che in questo spazio vengono rigorosamente riportati fatti, documenti, dati scientificamente corretti e affidabili, per favorire la divulgazione delle corrette informazioni ecco quanto dice l'ISPRA a proposito:

RISCHIO IDROGEOLOGICO

[...] Le ricerche svolte fino a oggi hanno messo in luce la complessità, nel nostro paese, dell'analisi del rischio geologico-idraulico, diretta conseguenza dell'estrema eterogeneità degli assetti geologico-strutturali, idrogeologici e geologico-tecnici e di un'ampia gamma di condizioni microclimatiche differenti anche in aree limitrofe o apparentemente simili. Se a tutto questo si somma il fatto che la penisola italiana, essendo geologicamente "giovane" , è ancora soggetta a intensi processi morfogenetici che ne modellano in modo sostanziale il paesaggio, si comprende come i fenomeni di dissesto legati al rischio geologico-idraulico possano manifestarsi, in relazione alle molteplici combinazioni di tutte le variabili in gioco, secondo diverse modalità; sono perciò riscontrabili evidenti diversità dei suddetti fenomeni, soprattutto legate alle differenti entità dei volumi coinvolti, alla velocità del movimento, ai numerosi contesti territoriali in cui si possono verificare (area di fondovalle, pedemontana o di versante) e alle numerose tipologie (ad esempio crolli, scivolamenti, colate, debris e mud flow). Per una efficace valutazione del rischio associato a un determinato evento atteso per una certa porzione di territorio diventa allora indispensabile la conoscenza di tutti i fattori sopra indicati e, quindi, un approfondito studio dello stesso e dei fenomeni naturali che lo caratterizzano.


Sempre dal sito dell'ISPRA:

RISCHIO IDROGEOLOGICO - FATTORI DI RISCHIO

Nell'ampio quadro dei fattori che concorrono a definire un determinato grado di pericolosità per una certa area rispetto a eventi di dissesto geologico-idraulico, non può di certo essere tralasciata l'attività antropica che, soprattutto negli ultimi decenni, ha in molti casi condizionato, fino a modificare a volte in modo sostanziale, le dinamiche del paesaggio naturale attraverso la propria attività sul territorio. Quest'ultima, quando svolta senza controllo e senza adeguati criteri di sfruttamento delle risorse, ha incrementato il rischio rispetto a fenomeni di dissesto già presenti o ne ha indotti di nuovi, incrinando i già delicati equilibri di un territorio ad alta fragilità. In alcuni casi, ad esempio, lo sviluppo socio-economico e demografico ha portato allo sfruttamento e all'occupazione di determinati contesti ambientali, quali le piane alluvionali, senza tenere conto della loro naturale tendenza evolutiva. Tale sviluppo, nonostante gli indubitabili benefici apportati alla società, ha però saturato e "imbrigliato" il territorio attraverso la costruzione di numerose opere, l'utilizzo di tecniche agricole produttive estensive assai poco rispettose degli equilibri idrogeologici, l'aumento della propensione al dissesto e, di conseguenza, l'incremento significativo del rischio ad esso associato.
Alla luce di quanto detto, appare chiaro che una corretta politica di previsione e prevenzione deve mirare alla mitigazione del rischio geologico-idraulico individuando un livello di rischio adeguato, da considerare accettabile compatibilmente con la salvaguardia della vita umana e con il tipo di utilizzo del territorio.
Dato che in questa sede si vuole non solo essere "informativi" ma anche propositivi, ecco sempre sull'ottimo sito dell'ISPRA cosa viene detto per prevenire tali fenomeni e salvare potenzialmente vite umane:

RISCHIO IDROGEOLOGICO - ATTIVITA' DI PREVENZIONE

Per rispondere all'esigenza di prevenire il rischio geologico-idraulico e per accelerare quanto previsto dalla legge quadro 183/89, è stato emanato il decreto legge 180/98, convertito e modificato dalla legge 267/98, con l'intento di avviare un programma finalizzato all'individuazione e alla delimitazione delle aree a rischio geologico-idraulico nell'ambito del territorio nazionale e di predisporre adeguate misure di salvaguardia atte a rimuovere le situazioni a rischio più elevato. Tali interventi, generalmente realizzati attraverso il ricorso a opere di ingegneria civile e idraulica, hanno lo scopo di mitigare il livello di rischio attraverso la riduzione sia della pericolosità (intensità) dell'evento atteso sia della vulnerabilità dei soggetti a rischio.
Nel primo caso vengono realizzati interventi di sistemazione dei versanti (consolidamento delle aree in frana, drenaggi, piantumazioni) e di regimazione delle acque lungo tutta la rete idrica superficiale (vasche di laminazione, pennelli trasversali, canali scolmatori, briglie); nel secondo caso vengono costruite opere di difesa passiva (muri di contenimento, canalizzazioni, argini, sistemi di allerta e di allarme) nelle aree dove sono presenti soggetti a rischio. Riguardo a tali misure di carattere strutturale, va sottolineato che la loro realizzazione deve sempre essere preceduta da uno studio accurato di compatibilità ambientale non solo rispetto all'impatto paesaggistico che necessariamente opere del genere comportano, ma anche nei confronti delle modificazioni indotte dall'opera in tutto il bacino idrografico considerato nel suo insieme. A tal fine è fondamentale anche una approfondita analisi costi/benefici che giustifichi la realizzazione dell'opera sia rispetto a quanto si vuole salvaguardare, sia rispetto alla tipologia dell'intervento proposto.
Al di là dell'indubbia necessità e utilità di interventi di tipo strutturale per la mitigazione del rischio geologico-idraulico, nell'ottica non solo di una migliore compatibilità ambientale ma anche di un corretto equilibrio finanziario, di un miglior inserimento nel paesaggio e di una sensibilizzazione pubblica verso le tematiche di protezione ambientale, è auspicabile che vengano adottate anche misure di salvaguardia non strutturali, essenzialmente a carattere preventivo. La loro efficacia risiede, oltre che in una adeguata e ordinaria manutenzione del territorio, in una corretta politica di programmazione e pianificazione territoriale da effettuare a valle di una accurata conoscenza dei processi morfogenetici naturali che guidano l'evoluzione del paesaggio. Tale programmazione viene realizzata già in fase di redazione del piano regolatore generale attraverso l'imposizione di vincoli di tipo urbanistico, l'emanazione di mirate regolamentazioni edilizie, la scelta di una idonea disciplina circa l'uso del territorio nelle aree maggiormente vulnerabili. Queste soluzioni possono essere integrate dall'applicazione di vincoli e prescrizioni riguardo alle pratiche agricole e alle modalità d'uso agro forestale del suolo.
Altresì, negli ultimi anni da molte parti del mondo politico e scientifico si avverte la necessità di una maggiore responsabilizzazione dei privati cittadini nella corretta localizzazione dei manufatti da inserire nel territorio. A tal fine si auspica l'introduzione di prescrizioni assicurative a salvaguardia dei beni e degli strumenti di servizio presenti nelle aree a maggior rischio. Questo tipo di approccio a un problema tanto gravoso potrebbe portare, oltre che a un'effettiva mitigazione delle condizioni di rischio che attualmente si registrano nel nostro paese, anche ad un recupero da parte delle comunità locali della coscienza civile e ambientale, che porti ogni privato cittadino ad acquisire la consapevolezza dei naturali processi che guidano l'evoluzione del territorio, requisito fondamentale per convivere correttamente anche con condizioni di rischio e per rendere efficace qualsiasi politica in favore dell'ambiente.

Per concludere questo doveroso articolo voglio citare solo alcune notizie e considerazioni:

1) è stato redatto un bellissimo studio composto da una raccolta di dati molto estesa e affidabili che dimostrano come le alluvioni siano provocate dall'incuria dell'uomo e di come nella storia (da poco più di 1000 anni a questa parte) nessun animale sia stato la causa della più piccola alluvione.
2) Sono diverse decine gli animali che vivono e interagiscono con gli argini e vivono in armonia con i corsi d'acqua da milioni di anni, molto prima dello sviluppo della civiltà moderna ovviamente. Guarda caso proprio da quando l'uomo ha iniziato a modificare in malomodo l'ambiente si sono creati i problemi.
3) Esistono casi di Comuni italiani che hanno richiesto indennizzi per danni agli argini (causati dagli animali...) quando in realtà in quei Comuni non esistono corsi d'acqua!
4) Molto, troppo spesso si è data la colpa alle nutrie (colpa infondata) per acuni straripamenti - come quello del Po - salvo poi rendersi conto e scoprire che la causa dei cedimeni è stata la non curanza e la leggerezza della ditta che aveva in appalto i lavori di manutenzione!

Infine una ulteriore dimostrazione dell'innocenza della fauna e della colpevolezza dell'uomo risiede proprio nelle alluvioni stesse. Nelle Regioni colpite da questi avvenimenti sono attuati ogni anno piani di abbattimento veramente inutili e dispendiosi quindi secondo la logica tali piani (pagati con i soldi dei cittadini TUTTI) dovrebbero eradicare o quanto meno ridurre in maniera assai drastica gli effetti della presenza di questi animali, nello specifico i piani di abbattimento si effettuano per evitare i danni proprio agli argini. Ebbene nonostante sia da decine di anni che vengono sprecati soldi e uccisi animali in modo crudele (per non parlare del fatto che le pelli e le carni delle nutrie  - ma non solo - vengono vendute in quanto esiste un mercato nero dietro tutto ciò, basti pensare anche agli uccelli protetti che i cacciatori uccidono per venderli di sottobanco ai ristoranti), la colpa delle alluvioni è sempre di questi animali! E senza prove! Ma come? quindi se sono le nutrie allora gli abbattimenti non servono!! Se si uniscono i puntini si può facilemente dedurre e comprendere come siano proprio gli stessi abbattimenti ad accrescere il numero di nutrie, ad inquinare l'ambiente e a destabilizzare gli argini!

Riassumendo, perchè avvengono le alluvioni? Principalmente a causa dell'azione dell'uomo, della sua incuria, superficialità, fatalità e per meri interessi economici.